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Padmapâni con committente
Nepal - Ottone - Alto cm. 48 - XIX Sec. Periodo Sha
Padmapâni è qui rappresentato mentre, con la mano destra, compie il gesto di allontanamento della paura, chiamato abhaya-mudrâ. Questo gesto denota la sua capacità di pacificare e soprattutto la sua facoltà di proteggere gli esseri umani da qualsiasi minaccia che possa intaccare la loro sfera spirituale o fisica (1). Il gesto è dunque diretto verso il fedele, che a lui si rivolge per invocarne la prote- zione. Infatti, la fedele devota, che commissionò questa immagine, è raffigurata ai piedi del Bodhisattva, con le mani giunte all’altezza del cuore nel gesto di omaggio (na- maskâra-mudrâ), rivolta verso l’osservatore. A giudicare dalla posizione della committente, rivolta verso l’osservatore e non verso il Bodhisattva, e dalla presenza della piccola lampada di fronte ad essa, è probabile che questo oggetto fosse collocato in un tempio o in una cappella familiare, dinnanzi ad una divinità gerarchicamente più importante del Bodhisattva. La donna indossa pesanti orecchini e un sari, il cui drappeggio è indicato da sottili incisioni all’altezza del petto. Sebbene le braccia siano rappresentate in un atteggiamento ossequioso, le gambe sono raffigurate in una posa rilassata, con il ginocchio sinistro sollevato, visibile nei ritratti di alcune regine nepalesi quali, ad esempio, Riddhilakshmî, consorte di re Bhûpatîndra Malla, raffigurata nel tempio vishnuita di Changu Nârâyana. L’immagine di Padmapâni è realizzata finemente, con delicati tratti del volto e con una particolare attaccatura dei capelli, che mette in evidenza la fronte prominente, visibile in Nepal già a partire dal XV secolo (2). Gli artisti newar della Valle del Nepal, infatti, guardano costantemente al passato come punto di riferimento per la loro produzione artistica, pur volgendosi al presente, creando nuovi stile- mi, ma rimanendo fedeli all’iconografia e all’iconometria canoniche. Sull’elaborato diadema di Padmapâni, impreziosito da turchesi e coralli, è visibile l’immagine di Amitâbha, il Buddha Cosmico che presiede alla sua Famiglia di appartenenza, quella del Loto. L’alone (prabhâ) che circonda il Bodhisattva, costituito da una moltitudine di grandi fiori e da una ghirlanda di boccioli, è un elemento tipico dell’arte sviluppatasi successivamente alla conquista della valle del Nepal da parte della dinastia Gorkha (1768-1769), e a un’estetica condizionata anche dal gusto della famiglia Rana, a cui appartennero i primi ministri del Nepal dal 1846 fino al 1951 (3). Aloni stilisticamente analoghi sono visibili, infatti, nel monastero di Rudravarna a Patan, sia intorno a una coppia di statue raffiguranti la dea Târâ che fiancheggiano il portale del sacello, sia intorno al portale stesso, dove due rigogliosi arbusti fioriti si ramificano sino ad unirsi formando un prabhâ, sulla cui sommità è collocato un triplice ombrello, analogo a quello della statua qui presentata, simbolo dei Tre Gioielli: il Buddha, la sua dottrina e la comunità dei suoi seguaci. Il trono sul quale si trova Padmapâni è sorretto da elefanti e leoni, simboli di Shâkyamuni, comunemente raffigurati in questa posizione. Ai lati del trono sono visibili due campanelli analoghi a quelli che si trovano all’ingresso e all’interno dei templi, che rappresentano l’offerta del suono. Il trono è appoggiato su una base in legno a forma di fiore di loto, sui cui petali sono visibili tracce di pigmenti, corrispondenti ai colori delle Famiglie dei Buddha Cosmici. (1) Fredrick W. Bunce, Mudrâs in Buddhist and Hindu Practices. An Iconographic Consideration, D. K. Printworld, Delhi 2001, p. 2. (2) Ulrich Von Schroeder, Indo-Tibetan Bronzes, Visual Dharma Publications, Hong-Kong 1981, p. 362, fig. 97A. (3) Mary Shepherd Slusser, Nepal Mandala. A Cultural Study of the Kathmandu Valley, Princeton University Press, Princeton 1982, p. 402. ALC (Free Circulation)
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