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PadmasambhavaTibet - Lega di rame parzialmente dorato - Alto cm. 14 - XVII Sec.Lo yogin indiano Padmasambhava visse nella seconda metà dell’VIII secolo, e i suoi insegnamenti sono alla base della tradizione religiosa degli “Antichi” (rNying-ma-pa), dalla quale è venerato alla stregua di un secondo Buddha. Secondo le fonti tibetane si recò in Tibet su invito del sovrano Tri Sondetsen (Khri Srong-lde-brtsan), che lo volle nel suo regno per soggiogare un demone che insidiava la costruzione del primo monastero buddhista, quello di Samye (767-779), che era stato progettato con la supervisione del grande saggio ed erudito indiano Shântarakshita, proveniente dalla prestigiosa università buddhista di Nâlandâ, invitato in Tibet prima di lui. I due maestri, l’uno dotto e studioso, l’altro mago ed esorcista, rappresentavano due forme di pratica e di devozione assai diverse: accademica e monastica la linea di Shântarakshita, rituale e esoterica quella di Padmasambhava(1). Nonostante i tibetani riconoscano le doti intellettuali e spirituali di entrambi, fu Padmasambhava a raccogliere l’interesse maggiore, soprattutto a livello popolare, tanto da rivestire nel tempo il ruolo e l’importanza di un nuovo Buddha. Infatti, malgrado fosse stato allontanato dal Tibet con l’accusa di stregoneria, poco dopo la costruzione di Samye (2) il ricordo di questo enigmatico maestro perdurò durante il periodo intercorso tra la prima e la seconda diffusione del Buddhismo in Tibet (842-c.1000 d.C.), e riemerse successivamente trasformandosi in una particolare scuola tantrica che raccolse grande consenso. A Padmasambhava è attribuita l’introduzione, in Tibet, di pratiche magiche e spirituali in cui veniva impiegato il picchetto rituale chiamato kîla (vedi scheda n. 15). La venerazione per Padmasambhava crebbe parallelamente alla progressiva scoperta di testi a lui attribuiti dai seguaci dell’ordine degli “Antichi”, e chiamati “tesori nascosti” (gter- ma). Secondo questa tradizione sarebbe stato lo stesso Padmasambhava a celarli per proteggerli dai nemici del buddhismo, per poi farli riportare alla luce dai suoi seguaci attraverso indicazioni date loro in sogno o in forma di visioni. Coloro che durante i secoli, fino ad oggi, hanno ritrovato questi “tesori nascosti” vengono chiamati “scopritori di tesori” (gterston), e generalmente si tratta di maestri dalle comprovate doti spirituali. Secondo la tradizione, le versioni originali di questi testi erano generalmente in sanscrito o nella lingua dell’Uddiyana, terra natale di Padmasambhava, coincidente in parte con la valle dello Swat, in Pakistan, e successivamente vennero tradotti in tibetano dai loro scopritori (3), giustificando in questo modo l’assenza di manoscritti gterma originali risalenti all’epoca di Padmasambhava (4).
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