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Vajrapâni

Tibet - Lega di rame - Alto cm. 33 - XVII-XVIII Sec.

Da un punto di vista dottrinale è estremamente interessante la carriera del Bodhisattva Vajrapâni (“Vajra in Mano”), la cui immagine è qui presentata. In origine Vajrapâni era uno yaksha, una divinità minore che assolveva il ruolo di guardiano del Buddha Shâkyamuni, probabilmente in virtù del suo attributo principale, il vajra, ossia lo scettro di folgori, attributo principale del dio vedico Indra, e chiamato in tibetano rdo-rje, “signore delle pietre”, con riferimento al diamante, la cui durezza, oltre che trasparenza, lo rendono un simbolo di indistruttibilità e purezza.
Nella tradizione del Grande Veicolo Vajrapâni fece la sua apparizione, insieme a Padmapâni (vedi schede nn. 2 e 3), a fianco dell’immagine del Buddha Shâkyamuni, sin dai primi secoli della nostra era, in qualità di Bodhisattva. Vajrapâni guida una celebre schiera di sedici grandi Bodhisattva, tutti raffigurati nel loro aspetto pacifico, ma al di fuori di quel gruppo egli viene per lo più rappresentato nella sua forma irata, con il vajra nella mano destra, a sottolineare la sua funzione di temibile guardiano del Buddha. Malgrado la sua ascesa al rango di Bodhisattva, Vajrapâni mantenne generalmente l’aspetto feroce e tarchiato di un guardiano della dottrina, che lo differenziò fortemente dai sue due colleghi per antonomasia, Avalokiteshvara e Manjushrî. La sua importanza crebbe di pari passo con quella assunta dal vajra nel corso della storia del buddhismo: considerato inizialmente come arma nelle mani di un guardiano semidivino del Buddha, il vajra venne a simboleggiare la potenza assoluta della condizione stessa di Buddha. In particolare, questo simbolo fu adottato dalle scuole esoteriche che caratterizzarono l’ultima fase della storia del buddhismo e che furono chia- mate appunto Vajrayâna (“Veicolo del Vajra”) per distinguerle da quelle precedenti (1).
Vajrapâni assunse successivamente l’epiteto di Vajrasattva (“Essere di Vajra”) in riferimento alla sua perfetta Illuminazione (2). Inoltre, in epoca più tarda, i Cinque Buddha Cosmici vennero rappresentati sotto un’unica forma epifanica chiamata Vajradhara (“Detentore del Vajra”) e considerata Buddha Primordiale (“Âdibuddha”).
Da un punto di vista stilistico, questa immagine è riconducibile a quello di statue prodotte tra XVII e XVIII secolo durante il periodo della dinastia Qing (3).

(1) Erberto Lo Bue, Immagini divine e spazi sacri, in Erberto Lo Bue - Chiara Bellini, Arte del Ladak. Tesori di arte buddhista nel Tibet indiano dall’XI al XXI secolo, Jaca Book, Milano 2011 (forth- coming).
(2) David Snellgrove, Indo-Tibetan Buddhism. Indian Buddhists & Their Tibetan Successors, Shambala, Boston 1987, p. 136. 3 Ulrich von Schroeder, Indo-Tibetan Bronzes, Visual Dharma Publications, Hong Kong 1981, pp. 546-547, figg. 155A, 155B, 155C.

For a similar Bronze figure:

Terrifying Deities of Vajrayȃna Buddhism

Divinités Terribles du bouddhisme Vajrayȃna

Prof. D. I. Lauf N.2 1978 pp.47-67-68    n° 30

Édition-distribution Paris 1978 -

L’ASIATHÈQUE 6, rue Christine 75006 Paris

 

 

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